E siamo di nuovo qua, a parlare di tecnologia. Non c’è da sorprendersi, vista l’epoca in cui
viviamo. Sentiamo spesso il ciarlare dei ragazzini affascinati o il disappunto degli anziani
delusi o confusi. Diciamo sempre che bisogna ammodernarsi, voltare pagina (magari senza
scordare ciò che si è scritto prima). Però di sicurezza informatica si parla poco. Troppo poco.
Non sto parlando dei vari programmi alle quattro del pomeriggio che cercano di spiegare
vagamente a mia madre che cosa sia il phishing (avete presenti le e-mail in cui avvenenti
donne dell’est Europa cercano un uomo PROPRIO come voi? Quelle), ma di istruzioni
precise per prevenire la fuoriuscita di informazioni personali. Gli hacker sono infatti
informatici specializzati nel trovare dei buchi nelle difese di aziende, privati e organizzazioni.
Spaventoso, vero? E se un hacker venisse “hackerato” a sua volta?
È il caso di HackingTeam, un gruppo italiano (milanese per la precisione) che vende ad
aziende e governi servizi di intrusione offensivi, utilizzati soprattutto per combattere il
terrorismo, il narcotraffico e le mafie. Questo avviene attraverso la decrittazione dei loro
conversazioni private, sia su telefono che su computer. L’organizzazione ha quindi subito,
nel luglio 2016, un attacco da parte di un hacker che, compiuto il misfatto, lo ha rivendicato
su Twitter, dove ha poi descritto dettagliatamente la procedura utilizzata. L’aggressione è
stata infine dedicata alle vittime della strage del G8 del 2001, l’eterna immagine di un potere
che opprime.
Basta un colpo d’occchio per capire quanto sia complessa la situazione: spie spiate, ladri
derubati dai loro “colleghi” per un motivo che di primo acchito sembra strano e slegato.
Eppure l’evento di prima torna subito alla mente. Che la dedica sia un modo per indirizzare
questo atto “vandalico” verso un fine più grande? In fondo questi sistemi potrebbero anche
leggere le nostre conversazioni private, in un mondo dove il Grande Fratello orwelliano è
sempre meno vicino alla fantascienza.
Oltre alle “crociate sociali”, è possibile trovare hacker che si impegnano a provare e
migliorare sistemi di difesa informatica, o a trovare semplici bug in pagine web (come nel
caso del sito dedicata alla serie Mr. Robot).
E non mi sembra il caso di considerarla una cosa così lontana, visto che basta digitare la
parola “hacking” su Google per accedere al relativo subreddit (per chi non lo sappia, Reddit
è un sito di social news prettamente anglofono dove ogni utente può pubblicare qualcosa e
votare i post degli altri, ed è diviso in subreddit, sottocategorie specifiche) e avvicinarsi a
questo argomento nel caso programmazione e inglese non costituiscano un problema.
In conclusione non mi sento di tracciare una linea che divida gli hacker “buoni” da quelli
cattivi, in quanto li considero nella stessa zona grigia che comprende tutte le questioni
irrisolte dalla società di questo tempo.
Giovanni Recchi
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