Il rap concettuale di Murubutu

Calsse 1975, Murubutu, nome d'arte di Alessio Mariani, è un professore di storia e filosofia fuori dagli schemi. In attività dal ‘91, componente del collettivo La Kattiveria, autore dell'album L'uomo che viaggiava nel vento e altri racconti di brezze e correnti, è uno dei maggiori esponenti del rap conscious.

 

Giovedì 5 luglio la Mole Vanvitelliana di Ancona ha avuto l’onore di ospitare il rapper-cantautore, evento organizzato da AMAT, in collaborazione con Loop Live Club e proposto dal Festival La Punta della Lingua.

 

Alla fine del concerto abbiamo avuto l’opportunità di intervistarlo.

 

 

 

Come mai ha deciso di intraprendere la scrittura di un nuovo concept album, dopo il precedente disco Gli ammutinati del Bouncin' ovvero mirabolanti avventure di uomini e mari incentrato sul mare, decidendo di farlo ruotare attorno al vento? Quanto questa nuova tematica ha influenzato il suo stile?

 

Ho deciso di scrivere un concept album perché volevo fare un altro disco che avesse un comun denominatore da cui partire per declinare lo stesso argomento in vari modi, perché mi piacciono molto le raccolte di racconti. Ho scelto il vento dopo il mare perché volevo cercare di restringere ancora di più il bacino di metafore collegate a un elemento naturale, usandolo inoltre come esercizio stilistico. Interpreto questo elemento come capace di raccogliere le storie del mondo e di tenerle galleggianti nell’aria a lungo per non disperderle mai. Il vento è viaggio e movimento.

 

 

 

Considerando la prima traccia, Anemos, è voluta la ricerca di un parallelismo tra l’invocazione al vento iniziale e gli antichi poemi greci?

 

In apertura l’album ho inserito l’invocazione al vento che fa riferimento all’anima nella sua concezione antica, come psichè, anima del mondo, soffio vitale.

 

 

 

Molti dei suoi testi sono accompagnati da una base suggestiva: un esempio molto significativo è Grecale, traccia la cui base è stata campionata dal brano River Flows in you di Yiruma. Quanta importanza attribuisce al beat nelle sue canzoni? I campionamenti, come il ritornello di Levante, sono scelti direttamente da lei?

 

Sono importantissimi: io faccio canzoni di contesto e, di conseguenza, per riuscire a calarsi bene nella narrazione, c’è bisogno di un buon tappeto sonoro. Non potrei mai cantare una canzone su una base diversa. Riguardo i campionamenti, come quello che tu hai ben citato, tratto da un brano di Eyakah Badu, la scelta è stata presa direttamente dal produttore. Ispirandomi alla base poi decido come e cosa scrivere.

 

 

 

In Grecale è centrale il tema della determinazione, con una figura esemplare come quella di Giulia. Lei ha postato, su Instagram, una fotografia di una sua fan che ha deciso di tatuarsi il nome della canzone e il numero 03, corrispondente al numero della traccia. Come si rapporta nei confronti di coloro che dalle sue canzoni riescono a trarre qualcosa di tanto importante che li seguirà per tutta la vita?

 

Una canzone può essere interpretata in vari modi e ognuno ne trae un insegnamento: la mia fan probabilmente in Grecale ha trovato qualcosa che le ha insegnato tanto e ciò mi può solo far piacere. Penso che tra l’utente e l’artista la ricerca di un rapporto del genere sia qualcosa che va oltre la musica ed è estendibile a tutta l’arte.

 

 

 

Ha deciso di attribuire a varie tracce il nome di venti: possono questi e le storie narrate rappresentare le varie sfaccettature della vita?

 

Il vento è sicuramente metafora di vita: se ci pensi, è il primo elemento invisibile che trasportando le semenze da una parte all’altra ha permesso la nascita delle piante, la crescita degli animali, lo sviluppo dell’uomo e della vita.

 

 

 

Nel disco vi sono vari featuring ma spiccano soprattutto quelli con Rancore, Dargen D’Amico, Ghemon e i membri del suo collettivo La Kattiveria. Tutti questi artisti, appartenenti alla old school e propensi ad uno stile conscious, oggi sono sempre più oscurati dalla nuova scuola, una realtà diversa, spesso mirata al solo intrattenimento. Lei come vede questo nuovo movimento?

 

L’importante è che la musica sia concettuale, che sia fatta da un esponente della vecchia o della nuova scuola. Il primo che mi viene in mente, pensando al futuro del rap conscious, è Carlo Corallo, ragazzo giovanissimo di Ragusa con cui ho avuto il piacere di collaborare recentemente. Il fatto che adesso venga comunicata molto di più la trap non significa che non esistano altre forme di rap: quella concettuale continua a fiorire e si sta sempre più diffondendo.

 

 

 

Tempo fa aveva rilasciato una dichiarazione sulla possibilità di pubblicare un intero album in collaborazione con Claver Gold. Nonostante quest’ultimo, nel frattempo, abbia prodotto un nuovo disco, Requiem, avete ancora in mente quel progetto? Perché ha deciso di non inserire un suo feat nell’album L’uomo che viaggiava nel vento e altri racconti di brezze e correnti?

 

Con Claver ho condiviso tante esperienze, abbiamo collaborato spesso in passato, così abbiamo deciso di non farlo nei nostri ultimi progetti, infatti in Requiem canto solo nell’introduzione.  Sicuramente avremo la possibilità di collaborare di nuovo in futuro e mi piacerebbe molto pensare a un disco insieme.

 

 

 

L’album intero, come la traccia omonima, è dedicato a una figura esemplare: Angelo d’Arrigo, aviatore italiano famoso per aver sorvolato l’Everest. È una figura esemplare, non da tutti conosciuta, cosa l’ha spinta a dedicargli il suo disco?

 

D’Arrigo mi ha colpito fin da subito: ho letto la sua biografia e sono rimasto incuriosito dagli studi scrupolosi che fece sui rapaci e sul loro volo. Lui credeva fortemente, dal punto di vista filogenetico, che nel DNA umano ci fosse una parte del DNA degli uccelli: l’uomo è propenso al volo, bisogna solamente risvegliare questo patrimonio genetico. È come se l’uomo possa seriamente volare, possa superare i suoi limiti.

 

 

 

Infine, la sua professione di docente di filosofia e storia, i suoi studi in questo campo hanno influenzato il suo modo di fare rap o fin da giovane era spinto da una vena conscious?

 

Il mio rap è iniziato come rap militante del periodo delle posse, si è sviluppato cercando di distaccarsi per trovare una propria identità, ovviamente influenzata dai miei studi ma, soprattutto, dalla mia passione per la narrativa e la letteratura.

 

 

Grazie mille per averci concesso quest’intervista.